Se il socio non paga che succede?
L’art. 2344 c.c. detta una particolare disciplina al fine di agevolare l’acquisizione dei conferimenti qualora il socio non esegua il pagamento dovuto.
Il 4° comma della disposizione in commento afferma che il socio in mora nei versamenti non può esercitare il diritto di voto.
Poiché si tratta di azioni occasionalmente prive del diritto di voto, si ritiene preferibile la tesi secondo la quale il socio moroso (nelle spa) ha il diritto di intervenire in assemblea anche in considerazione di quanto disposto dall’art. 2368 3° comma c.c.
Nelle srl, invece, il socio non interviene in assemblea.
A tal proposito, occorre sottolineare la massima del Triveneto L.A.7 la quale ha affermato che la rinuncia alla documentazione in tema di fusioni e scissioni (es. situazione patrimoniale, relazione degli amministratori ecc.) richiede il consenso unanime dei soci, compresi quelli privi del diritto di voto per morosità, trattandosi di rinunce operate dai soci individualmente.
Prima di poter dichiarare decaduto il socio moroso, vi sono delle fasi preliminari.
Se il socio in mora non esegue i pagamenti dovuti, decorsi 15 giorni dalla pubblicazione di una diffida ad adempiere sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica, gli amministratori, i quali non ritengano utile promuovere l’azione di esecuzione, offrono le azioni ai soci in proporzione alle loro partecipazioni sociali ed in modo che il corrispettivo non sia inferiore ai conferimenti ancora dovuti;
E’ discusso se la norma trovi applicazione anche nelle ipotesi di inadempimento di conferimenti diversi dal denaro.
In mancanza di offerte, gli amministratori possono far vendere le azioni a rischio e per conto della società;
Qualora la vendita non possa aver luogo per mancanza di compratori, gli amministratori possono (resta ferma la possibilità di esperire l’azione di inadempimento) dichiarare decaduto il socio trattenendo le somme riscosse e cioè il 25% versato in sede di sottoscrizione.
Se le azioni non possono essere messe in circolazione entro l’esercizio in cui è stata pronunciata la decadenza del socio, occorre procedere alla riduzione del capitale sociale.
In primo luogo è opportuno sottolineare che la riduzione in esame è di competenza dell’assemblea straordinaria in quanto si tratta di una delibera modificativa dello statuto sociale.
Quanto alla natura della riduzione:
Secondo parte della dottrina (preferibile), si tratterebbe di una riduzione nominale ed i conferimenti non versati sarebbero assimilabili ad una perdita; in tal caso i conferimenti già versati nella misura del 25 % vengono trattenuti dalla società non come riserva ma come una sorta di penale e si procede a ridurre il capitale di un importo pari all’intera partecipazione del socio moroso.
Trattandosi di riduzione nominale e obbligatoria, non vi sarebbe spazio per l’opposizione dei creditori ex art. 2445 c.c.
Secondo una tesi intermedia, la riduzione sarebbe reale per i conferimenti che sono già entrati nel patrimonio sociale e nominale per la parte non versata;
Altra dottrina ritiene che si tratti di una riduzione reale in quanto costituiscono capitale/patrimonio sia i conferimenti promessi sia quelli versati.
Se si sostiene questa tesi, occorre rispettare l’art. 2445 c.c. con conseguente opposizione dei creditori.