Si possono eliminare gli effetti di un contratto già perfezionato?
La risposta a questa domanda è sicuramente positiva e viene ricondotta alla figura del mutuo dissenso, istituto testualmente previsto dall’articolo 1372 del codice civile, ove si legge che il contratto ha forza di legge tra le parti, ma può essere sciolto per mutuo consenso o per altre cause previste dalla legge.
La natura giuridica della figura in esame è stata ricostruita dalla dottrina tradizionale (Mirabelli, Rubino) come contro-negozio (“contrarius actus”) ovverosia un negozio avente un contenuto uguale e contrario a quello che si scioglie, di modo da dover porre in essere, ad esempio, una nuova vendita da parte dell’originario acquirente all’originario alienante.
Secondo una dottrina più recente e ugualmente autorevole (Capozzi, Betti, Messineo, Santoro-Passarelli, Bianca, Cass. 3816/1988, Cass. 12476/1998, Cass 20445/2011) il mutuo dissenso è un negozio risolutorio diretto ad eliminare un precedente negozio, di modo da non dar luogo a tanti contro negozi aventi ad oggetto i singoli beni trasferiti in precedenza ma ad una unica figura negoziale in forza della quale il venditore riavrà il bene e il compratore riavrà il prezzo in base alla normativa sull’indebito oggettivo ex artt. 2036 e 2037 c.c.
È necessario riportare inoltre l’opinione di autorevole, seppur minoritaria, dottrina (Gazzoni) che, pur aderendo alla ricostruzione della figura in esame come negozio solutorio, ritiene in ogni caso necessario un atto di adempimento traslativo al fine di ritrasferire i beni all’originario proprietario.
Sembra preferibile la seconda ricostruzione proposta in quanto il contrarius actus sarebbe di difficile applicazione in quelle figure negoziali, come ad esempio la donazione, dove l’aspetto volontaristico (animus donandi) è particolarmente accentuato.
La ricostruzione come negozio solutorio si preferisce anche dal punto di vista fiscale stante il pagamento di una imposta fissa e non proporzionale, come anche di recente riconosciuto dall’Agenzia delle Entrate (Risoluzione 20/2014).
Quanto agli effetti della figura in esame è necessario riconoscergli efficacia retroattiva solo se si ritiene di dover aderire all’opinione che qualifica il mutuo dissenso come negozio solutorio, salvi i diritti dei terzi in buona fede, di fatto riportando la situazione al momento esatto in cui era stato stipulato il negozio originario; mentre, aderendo all’opposta ricostruzione, gli effetti decorreranno dalla stipulazione del contro negozio.
In relazione alla forma necessaria per il contratto in esame è opportuno, a prescindere dalla ricostruzione che si ritiene prevalente, rispettare il principio di simmetria delle forme, specificandosi tuttavia che la forma da rispettare non è quella in concreto adottata dalle parti ma quella prevista dal legislatore per la validità (e non per la trascrizione) del contratto stesso.
Ci si è chiesti spesso nella prassi se sia possibile o meno un mutuo dissenso parziale e, la risposta al quesito non può prescindere dalla ricostruzione della natura giuridica della figura in esame; aderendo alla teoria che la qualifica come contro negozio è certamente possibile un mutuo dissenso parziale perchè, in concreto, si tratta di ritrasferire solo alcuni beni facenti parte del negozio originario; aderendo invece alla teoria che ad oggi pare preferibile, non è possibile porre nel nulla solo parzialmente gli effetti del contratto ma, in ogni caso, è possibile addivenire al medesimo risultato mediante una modifica parziale del contratto, certamente prevista dall’articolo 1321 del codice civile, di modo da ridurre la problematica ad un mero ostacolo di nomenclatura giuridica.
Dal punto di vista strettamente redazionale, aderendo alla tesi del contrarius actus è necessario a pena di nullità inserire le menzioni previste dalla legge per il trasferimento dei beni immobili (urbanistica, conformità catastale, Bersani, APE); aderendo alla preferibile ricostruzione del negozio solutorio non sono necessarie le menzioni di cui sopra stante l’assenza di trasferimento, ma, stante il dubbio esistente in dottrina circa la natura giuridica del mutuo dissenso, è opportuno inserire in atto le citate menzioni di legge, seppur precedute dalla locuzione “ove occorrer possa”.