Può la società destinare parte del suo patrimonio ad un affare specifico?
La locuzione “patrimonio destinato ad un affare” indica l’istituto con il quale parte del patrimonio di un soggetto viene assoggettato ad una disciplina particolare per quanto riguarda la relativa responsabilità, pur continuando ad appartenere al soggetto medesimo.
L’art. 2447-bis c.c. disciplina due modelli distinti di separazione patrimoniale in tema di società per azioni.
Il primo modello è previsto dalla lettera a) dell’articolo in questione: la società destina una parte del proprio patrimonio sociale allo svolgimento di uno specifico affare. Tale modello è detto patrimonio separato in senso stretto, o anche “operativo” o “industriale”.
Il secondo modello, previsto dalla lettera b), è definito “finanziario”: nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare, la società conviene che i proventi dell’affare medesimo siano destinati al rimborso totale o parziale del finanziamento.
I due modelli si distinguono per disciplina e operatività, ma in entrambi vi è un vincolo di destinazione (nel primo avente ad oggetto parte del patrimonio della società, nel secondo i proventi di un affare finanziato) che comporta una deroga al principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c. e al principio della par condicio creditorum ex art. 2741 c.c.
La ratio dei patrimoni destinati è quella di dotare le società per azioni di uno strumento, alternativo rispetto alla costituzione di un’apposita società unipersonale, per limitare il rischio di impresa nello svolgimento di uno specifico affare. Inoltre offrono il vantaggio di separare beni ed entità che non sono suscettibili di essere conferiti in una società di capitali.
Lo specifico affare deve comunque rientrare all’interno dell’oggetto sociale e può riferirsi tanto al compimento di un singolo atto, di una singola operazione, o anche ad un’attività d’impresa che, rispetto all’attività della società, si pone come ramo d’azienda.
Per i patrimoni separati finanziari non è previsto alcun limite, mentre i patrimoni destinati previsti della lettera a) non possono essere costituiti per un valore complessivamente superiore al 10% del patrimonio netto della società e per l’esercizio di affari attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali (art. 2447-bis, secondo comma c.c.). Il riferimento al “valore complessivo” si intende a tutti i patrimoni destinati già costituiti dalla società.
L’art. 2447-ter c.c. disciplina i requisiti che deve avere la deliberazione di costituzione del patrimonio destinato in senso stretto.
Ai due modelli di patrimoni separati sono applicate regole comuni in relazione al profilo della pubblicità e dell’opponibilità del vincolo di destinazione.
L’art. 2447-quater c.c. stabilisce che la deliberazione costitutiva di un patrimonio destinato (che per quanto attiene al modello “operativo” è adottata, di regola, dal consiglio di amministrazione, salvo diversa disposizione dello statuto) deve essere depositata e iscritta nel registro delle imprese a norma dell’art. 2436 c.c. (disciplina dettata per le modifiche dell’atto costitutivo).
La costituzione di un patrimonio destinato nei modi previsti dall’art. 2447-bis c.c. comporta che delle obbligazioni contratte per la realizzazione dello specifico affare risponde solo il patrimonio ad esso destinato, mentre quest’ultimo, viceversa, non risponde delle obbligazioni della società (c. d. separazione bilaterale). Di conseguenza, al fine di tutelare i creditori sociali anteriori all’iscrizione, il secondo comma dell’art. 2447-quater c.c. dispone che essi possono fare opposizione entro 60 giorni dall’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese. L’eventuale iniziativa dei creditori può essere paralizzata dalla società prestando una garanzia aggiuntiva che il Tribunale giudichi idonea a soddisfare gli interessi degli stessi.
Si ritiene che l’effetto della separazione patrimoniale derivante dalla delibera sia sospeso fino al decorso del termine per presentare opposizione o fino a quando il Tribunale non abbia disposto che la delibera venga comunque eseguita (provvedimento da iscriversi nel registro delle imprese).
Ai sensi del terzo comma dell’art. 2447-quinquies c.c. in via convenzionale, la società che costituisce un patrimonio separato può prevedere un regime di separazione unilaterale, in forza del quale delle obbligazioni contratte per realizzare lo specifico affare risponde anche il restante patrimonio della società.
La stessa norma, al secondo comma, dispone che, qualora nel patrimonio destinato siano compresi beni immobili o beni mobili registrati, non vi è separazione patrimoniale fin quando non è effettuata la trascrizione del vincolo di destinazione nei registri immobiliari. Si ritiene che detta pubblicità sia costitutiva della separazione e non dichiarativa.
Inoltre, il legislatore prevede espressamente che gli atti compiuti in relazione allo specifico affare devono recare espressa menzione del vincolo di destinazione: in mancanza ne risponde la società con il suo patrimonio residuo (art. 2447-quinquies, quarto comma c.c.).
Occorre precisare che la nuova disciplina dettata dall’art. 2929-bis c.c. ha introdotto una sorta di inefficacia temporanea e relativa ex lege degli atti costitutivi di vincoli di destinazione o di alienazione a titolo gratuito. Questa disciplina è applicabile anche alle delibere costitutive di patrimoni destinati ad uno specifico affare ex artt. 2447-bis e ss. c.c. laddove nel patrimonio destinato siano ricompresi beni immobili o beni mobili registrati.